Il giovinetto che, quasi impertinente, troneggia in cima alla fontana è la personificazione della divinità che in epoca classica incarnava il fiume Amenano.
Il fiume è una memoria sotterranea della Catania più antica. In tempi non più recenti il fiume solcava il versante sud dell’Etna sino al mare e nel suo corso alimentava il lago Nicito, anch’esso scomparso durante la grande sciara del 1669.
Oggi del fiume interrato è possibile individuare tre diversi rami: uno che passa sotto il convento dei Benedettini, giunge alla pescheria e sfocia nei pressi del porto; l’altro che passa al disotto del teatro greco, arriva a piazza Duomo e dall’ipogeo delle terme Achilliane arriva alla fontana dell’acqua a linzolu; e il terzo ramo che dal convento di S. Giuliano giunge anch’esso al mare.
La fontana ottocentesca, opera dello scultore napoletano Tito Angelini, è in marmo di carrara. Nella vasca sottostante a quella del giovane dio, due tritoni sembrano quasi si proteggano dallo scroscio che cade sopra le loro spalle, ma in realtà anche loro contribuiscono al flusso grazie alle copiose acque che fuoriescono dalle loro cornucopie. Poi tutto si riversa nel canale che scorre due metri sotto il piano stradale.
Due passi più in là il rombo dello scroscio mi mischia al clamore della pescheria.
La pescheria è il tipico mercato siciliano. La sua vivacità teatrale ricorda un bazar
mediorientale e sul suo palcoscenico vi sono due protagonisti assoluti: il pesce e la gente.
Il bottino dei pescatori arriva ogni giorno freschissimo. Il mare, i suoi gioielli preziosi sono portati a terra o, per meglio dire, sul tavolato dei banchi della pescheria su cui u putiaru, il venditore, con gesti veloci ed esperti spruzza la mercanzia per mantenerla brillante ed attraente.
I colori sono vividi: ecco i rossi delle triglie e dei gamberi o le scaglie d’argento del pesce azzurro. Gli occhi di tutte queste creature ci guardano come fossero ancora vivi e sembrano sorpresi di essere lì e di suscitare tutto questo interesse, loro che quasi sempre ebbero in vita una natura così timida.
E poi c’è la moltitudine, la gente, il popolo. Che siano i venditori che, con la caratteristica abbanniata, quasi un canto con cui si loda la propria mercanzia, incitano i passanti all’acquisto, o i potenziali acquirenti che a volte dissimulano l’interesse per i prodotti per poi intraprendere pervicaci contrattazioni.
Gli attori si ritroveranno lì anche l’indomani e ogni giorno che verrà, a interpretare la stessa commedia dell’arte. E non ci si annoia mai.