Area Archeologica

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anfiteatro

 

1 - Il Monumento

L’anfiteatro di Catina costituisce il segno tangibile di quel processo di sviluppo del decoro urbano, attraverso la monumentalizzazione e l’acquisizione di modelli elaborati nella Capitale, che interessò le province dell’Impero tra la fine del I secolo a. C. e la prima età imperiale (I-II secolo d. C.).

Il monumento è ascrivibile alla tipologia degli anfiteatri “a struttura cava”, in cui cioè le gradinate (cavea), che racchiudono la grande arena ellittica, si sostengono non appoggiandosi direttamente sul terreno, ma su una sequenza di vani a raggiera, voltati a botte e funzionali al sostegno dei settori superiori. Due passaggi anulari (precinzioni) scandivano le gradinate nei canonici tre settori: l’ima, la media e la summa cavea.

La configurazione finale del monumento è il risultato di due distinti momenti costruttivi. Alla prima fase, risalente alla seconda metà del I secolo d. C., sono da attribuire le strutture più interne dell’anfiteatro. Tuttavia, intorno alla metà del II secolo d. C. (138-192 d. C.), il monumento fu interessato da un grandioso ampliamento, che consentì di aumentarne la capienza complessiva.

Nella sua versione finale il prospetto del monumento appariva contraddistinto da un duplice ordine di fornici. Un attico sommitale, a chiusura dei due ordini sottostanti, consentiva l’installazione dei pali per il dispiegamento del velario, l’ampia copertura, che veniva stesa a protezione degli spettatori. L’anfiteatro romano rimase in attività sino al IV secolo d. C. quando la crisi tardo imperiale e il progressivo affermarsi del Cristianesimo ne alterarono le funzioni e gli usi originari: i medesimi spazi e le strutture ormai dismesse furono destinate così ad attività produttive e commerciali, fino a subire un massiccio intervento di spoliazione a partire dal VI secolo d. C.

anfiteatro - prospetto 

anfiteatro - prospetto2

 

2 - L’anfiteatro e la collina

Sebbene non sia chiara la sua collocazione interna o esterna alla città romana, il monumento si ergeva indubbiamente in un’area strategica per la viabilità in uscita e in entrata alla città. La sua edificazione comportò un imponente intervento di taglio e terrazzamento del fianco nord-orientale della collina di Montevergine, l’altura su cui si era insediata prima la città greca e poi romana. Così, a ridosso del versante nord-est del declivio roccioso, lo sbancamento fece posto alla grande spianata dove sarebbe sorto e si sarebbe ampliato il nuovo edificio per spettacoli.

La particolare morfologia del territorio e i notevoli dislivelli hanno comportato singolari soluzioni architettoniche. Un muro di contenimento perimetrale recintava l’intero edificio, delimitandone in questo modo un corridoio anulare esterno che correva attorno al monumento. Sul versante occidentale, a ridosso dello sbancamento della collina di Montevergine, questo muro di contenimento foderava il taglio della collina raggiungendo un’altezza considerevole. Su questo stesso versante alcuni archi, impostati tra la facciata dell’anfiteatro e tale muro di recinzione, consentivano l’accesso in  quota, permettendo di raggiungere direttamente l’ambulacro esterno del secondo ordine e le gradinate degli ordini superiori.

anfiteatro - la collina 

 

3 -  La parte visibile

Il monumento, interessato già a partire dal IV secolo d. C. da un lungo processo di abbandono, riutilizzo e spoliazione per il recupero di materiali da costruzione, fu progressivamente inghiottito dal tessuto urbano in espansione fino a risultare quasi completamente occultato già alla metà del XVIII secolo.  L’anfiteatro fu prima l’oggetto delle fantasiose descrizioni degli eruditi locali, poi delle ricerche di Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari, che ne riportò in luce parte delle strutture occidentali, ancora oggi visibili nel tratto finale di vicolo dell’Anfiteatro e al di sotto di Villa Cerami.

All’inizio del XX secolo Filadelfo Fichera (1850 - 1909), architetto e ingegnere del Comune di Catania, lavorando su questo monumento, offrì uno straordinario esempio di archeologia urbana in cui ricerca e valorizzazione si legano in armonia con le esigenze della pianificazione urbana. Grazie agli scavi da lui condotti, tra il 1904 e il 1905, la porzione nord-orientale dell’anfiteatro romano, comprendente un tratto dell’arena, un segmento della cavea inferiore e del corridoio di servizio, entrambi gli ambulacri e alcuni muri radiali, venne riportata in luce. L’area dello scavo fu poi messa in sicurezza da muri di contenimento in mattoni e da un parapetto in ferro, finendo con il dominare, così come avviene ancora oggi, la parte occidentale di piazza Stesicoro.

anfiteatro - la parte visibile 1 anfiteatro - la parte visibile 2

anfiteatro - la parte visibile 3

 

ambulacro esterno

ambulacro esterno2

 

 

4 - Ambulacro esterno

L’anfiteatro romano rappresentava il luogo del divertimento per eccellenza e gli spettacoli, che periodicamente venivano organizzati, richiamavano migliaia di spettatori. Il flusso numeroso di cittadini impose, dunque, l’organizzazione di un efficace sistema di circolazione, mediante la creazione di ampi corridoi (ambulacri) e passaggi intermedi, che facilitava la distribuzione del pubblico all’interno del monumento.

Infatti, uno dei primi settori dell’anfiteatro che i numerosi spettatori solitamente percorrevano, quando si recavano ad assistere ai ludi gladiatori, era quello dell’ambulacro esterno. Si tratta di un corridoio anulare che cingeva l’intero perimetro dell’edificio, permetteva la circolazione periferica dei cittadini e una loro ordinata distribuzione verso i vari settori.

L’ambulacro era aperto all’esterno mediante una sequenza continua di arcate poggianti su pilastri a pianta cruciforme. Questi ultimi sono oggi parzialmente visibili nella parte nord-orientale dell’ambulacro, in prossimità dell’ingresso al monumento. Dell’ambulacro esterno, infatti, attualmente si conserva solo una porzione del settore nord-orientale (area piazza Stesicoro) e di quello occidentale, quest’ultimo ricadente al di sotto dell’area oggi occupata dalla Chiesa di San Biagio e da Villa Cerami.

ambulacro esterno 3

 

5 - Ambulacro interno

L’ambulacro interno costituisce uno dei settori più antichi dell’anfiteatro. Esso misura quasi quattro metri di altezza e consentiva agli spettatori di raggiungere diverse parti del monumento. Si tratta di un corridoio anulare che si sviluppa tutto intorno all’arena, alle spalle di un corridoio di servizio piuttosto basso, e assicurava il collegamento tra la parte inferiore della cavea (ima cavea) e il pian terreno, in corrispondenza del quale si apriva l’arena. Nelle pareti dell’ambulacro interno, infatti, si apre una sequenza regolare di rampe di scale che consentivano al pubblico di accedere direttamente all’ima cavea, il settore generalmente destinato ai cittadini più abbienti.

ambulacro interno

 

 

6 - Setti radiali

L’anfiteatro di Catania appartiene alla tipologia degli anfiteatri “a struttura cava”, ossia con la cavea sopraelevata da una serie di “setti radiali” ambienti disposti a raggiera, intorno all’arena.

La media e summa cavea erano, infatti, sostenute da questi vani radiali coperti a volta, alcuni dotati di rampe di scale che immettevano direttamente al piano della media cavea. Altri setti erano, invece, funzionali a porre in rapporto l’ambulacro interno con quello esterno, consentendo al pubblico di raggiungere il cuore dell’edificio, attraversando semplicemente l’ambiente radiale.

Questi vani svolgevano, dunque, una duplice funzione: tecnico-strutturale, in quanto sostenevano i settori più alti dell’anfiteatro e distributiva, perché facilitavano la circolazione e la distribuzione degli spettatori all’interno del monumento. Alcuni setti, tuttavia, potevano svolgere un’ulteriore funzione, in quanto risultano chiusi da un muro di fondo. Forse si trattava di ambienti non accessibili al pubblico e destinati ad accogliere animali, o utilizzati come depositi per le attrezzature e i macchinari, posti al di sotto delle gradinate.

ambulacro interno 2

 

7 - Ingresso arena

In un edificio per spettacoli come l’anfiteatro, non era importante solo gestire il flusso di migliaia di spettatori che contemporaneamente dovevano poter accedere o lasciare i vari settori del monumento, ma era altrettanto importante regolare l’ingresso all’arena di gladiatori, di belve feroci e di macchine da scena. Nell’anfiteatro di Catania, dove non erano presenti passaggi ricavati sotto l’arena, diventava necessario creare dei percorsi dedicati che permettessero l’accesso all’area dei giochi da parte gladiatori e belve feroci.

I resti oggi visibili ci permettono di conoscere l’articolazione degli accessi all’arena solo nel settore nord orientale e in corrispondenza dell’asse maggiore dell’anfiteatro. Qui l’ingresso all’arena era suddiviso in tre passaggi, uno centrale più ampio e due laterali di luce minore. Tali aperture, com’è testimoniato da numerosi esempi sia in ambito isolano che in molti altri edifici per spettacoli del mondo romano, erano spesso dotate di doppie porte direttamente connesse con le gabbie per gli animali. Non disponiamo invece di alcun dato sulla distribuzione degli accessi all’arena lungo all’asse minore, dal momento che di tale parte dell’edificio, sepolto sotto i palazzi della città barocca, non rimane nessuna traccia.

fregi

 

8 - Parte inaccessibile

Il percorso dell’ambulacro interno continua ben oltre l’area oggi visitabile e si sviluppa al di sotto della città moderna, passando sotto i livelli di chiese e palazzi barocchi.

Oltre il grande cancello che chiude a nord-ovest l’ambulacro interno, infatti, il percorso prosegue lungo il corridoio, che si presenta oggi delimitato da pareti continue, perché quasi tutti i varchi dei setti radiali risultano murati. Un solo vano radiale, situato circa 67 metri dopo il cancello, permette ancora oggi il collegamento tra il corridoio interno e l’ambulacro periferico che si sviluppa, per una limitata porzione, al di sotto del giardino pensile di Villa Cerami.

Questa area è certamente una delle più interessanti di tutto il monumento perché qui è visibile il sistema di aggancio alla collina di Montevergine, reso possibile attraverso una serie di archi di distanziamento che collegavano la facciata dell’anfiteatro al muro di contenimento della collina. Tale soluzione determinò la creazione di un’intercapedine che correva attorno al margine esterno dell’edificio, della quale oggi resta visibile un piccolo tratto.

Questi settori dell’anfiteatro sono, purtroppo da diversi anni, chiusi al pubblico a causa della presenza di scoli fognari che lo rendono inagibile.

 parte inaccessibile

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9 - Arena

L’arena era il fulcro principale dell’anfiteatro e il luogo dove si svolgevano gli spettacoli. Nella sua articolazione finale, l’arena presenta una forma ellittica di circa 40 x 60 m. ed è delimitata da un corridoio di servizio anulare (largo 3,45 m.), coperto da volta a botte. L’arena è cinta da un muro di podio, rivestito da lastre di marmo bianco, alto circa 2,32 cm., che proteggeva gli spettatori seduti sui gradini del settore più basso della cavea.

Rispetto ad altri edifici per spettacoli, come ad esempio il Colosseo di Roma, quello di Catania probabilmente non presentava nessuna struttura sottostante l’arena, che permettesse, in alcuni casi, l’entrata degli animali. Alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che l’area dell’arena, riempita d’acqua, fosse sfruttata per delle “naumachie”, cioè battaglie navali.

Attualmente è visibile solo una piccola porzione del settore nord-orientale dell’arena, qui si trovano conservati alcuni reperti rinvenuti durante lo scavo condotto dal Fichera nel 1904. Si tratta di alcune lastre marmoree di rivestimento del podio, frammenti di un bassorilievo marmoreo di figura equestre e resti di blocchi di pietra lavica con fori per l’ancoraggio dei pali del velario, copertura in stoffa che proteggeva gli spettatori dal sole o dalla pioggia.

Una curiosità legata al monumento racconta che nel XVI secolo il Senato concesse al nobile Giovanni Gioeni di sfruttare le rovine dell’anfiteatro per la realizzazione di abitazioni e di servirsi dell’arena per la sistemazione di un giardino. Progetto mai realizzato.

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10 - Fichera

Nel 1902, in seguito a fortuiti rinvenimenti delle strutture antiche, l’ingegnere del Comune di Catania Filadelfo Fichera (1850-1909) propose un progetto di liberazione, recupero e valorizzazione dell’anfiteatro romano. Tra il 1904 e il 1905 gli scavi sul lato occidentale di Piazza Stesicoro riportarono alla luce la porzione nord-orientale dell’antico monumento così come è apprezzabile tutt’oggi, senza intaccare tuttavia i marciapiedi e la viabilità della piazza. L’area dello scavo fu delimitata da un parapetto in ferro e foderata da un muro di contenimento in mattoni. Sul prospetto di questo muro di rinfianco che taglia l’area si legge: “Per me civitas Catanensium sublimatur a Christo” (Attraverso di me la città dei Catanesi è esaltata da Cristo), sentenza latina legata al culto di Sant’Agata che nella medesima area si suppone abbia subito il martirio. Nonostante il successo dell’ambizioso progetto, l’avventura di Fichera non soltanto si imbatterà nelle ostilità di Paolo Orsi che ne criticherà i metodi, ma andrà incontro anche a tristi risvolti. Nel 1905 un operaio trovò la morte in un incidente avvenuto sugli scavi dell’anfiteatro: Fichera fu arrestato, processato e assolto poco tempo dopo.

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11 - Due fasi edilizie

L’anfiteatro romano di Catania non fu costruito secondo un progetto unitario, ma rappresenta l’esito di due differenti fasi edilizie, che portarono ad un progressivo ampliamento delle dimensioni complessive del monumento. L’edificio originario, costruito nella seconda metà del I sec. d. C., presentava quindi un’estensione ridotta e una minore altezza, essendo privo dell’ambulacro esterno, che fu aggiunto successivamente durante la seconda metà del II sec. d. C.

La distinzione fra le due fasi edilizie e la loro datazione si basa su precise differenze nelle tecniche murarie impiegate e sul loro confronto con i resti di altri edifici monumentali rinvenuti nella città, come il teatro e l’odeon. Fra le tecniche costruttive impiegate durante la prima edilizia, ricorrono con maggiore frequenza: l’opus vittatum, realizzato alternando fasce di mattoni a grandi blocchi sbozzati, presente perlopiù nella parte bassa delle strutture; l’opus incertum, che prende il nome dai piccoli blocchetti, di forma irregolare, impiegati per il rivestimento esterno delle volte. Nella seconda fase edilizia compare l’opus africanum, con le caratteristiche strutture a telaio realizzate tramite catene verticali di blocchi lavici sbozzati, posti gli uni sugli altri alternativamente in verticale e orizzontale. Tale tecnica testimonia la volontà di coniugare velocità di esecuzione, e quindi economicità, con l’aumento della capacità elastica delle strutture murarie e la maggiore resistenza ai movimenti tellurici, che questa tecnica assicurava.

Il progressivo ampliamento dell’anfiteatro di Catania nelle due differenti fasi edilizie tradisce la volontà di aumentare la capienza totale dell’edificio, conservandone il più possibile inalterata la conformazione originaria. Ciò testimonia quindi del forte aumento della richiesta di accesso agli spettacoli, che erano ormai entrati a far parte delle abitudini di vita della popolazione tanto della città, quanto dell’immediato entroterra già nel secolo successivo al primo impianto dell’anfiteatro. Differenti sono le opinioni degli studiosi sulla capienza massima dell’edificio, che in ogni caso dovette superare i 15000 spettatori.

 

12 - L’anfiteatro dopo l’anfiteatro

Un’indagine di scavo condotta dalla Soprintendenza ai BB. CC. AA. di Catania fra il 2006 e il 2007 nei settori IX e X dell’ambulacro esterno ha permesso di acquisire importanti informazioni sulle fasi di abbandono e di riutilizzo delle strutture dell’anfiteatro. E’ stato così possibile dimostrare come il monumento avesse perso la sua funzione di edificio per spettacoli  durante la seconda metà del IV secolo d. C. Dietro tale fenomeno di abbandono, che caratterizza altri edifici della città, è possibile vedere gli effetti di differenti cause legate tanto all’impossibilità, da parte della comunità, di far fronte alle spese ormai insostenibili richieste dall’allestimento dei giochi, quanto all’avversione che la religione cristiana, sempre più influente all’interno della città, esercitò contro tali violente forme d’intrattenimento.

La fine degli spettacoli e il riutilizzo sia delle strutture, sia dell’area dell’anfiteatro per nuovi scopi è testimoniato dalla realizzazione di un vano, ottenuto dalla chiusura del setto radiale IX tramite un muro trasversale, in cui fu ricavato un ingresso e di cui rimangono ancora visibili i resti della soglia. Si tratta molto probabilmente di un’abitazione, rimasta in uso per un periodo compreso fra la seconda metà del IV e il VI secolo d. C.

Nello stesso tempo in cui un’abitazione occupava il setto radiale IX, e probabilmente in relazione con essa, un impianto per la fusione e lavorazione del vetro sorse nell’area immediatamente a sud, in corrispondenza del setto radiale X.

Questa è solo una tappa della storia millenaria di un monumento, che non conobbe solo abbandono e riutilizzi, ma che prima di essere invaso e sepolto dalle costruzioni della città medievale e moderna, fu anche abbondantemente saccheggiato per ricavarne materiale da costruzione, seguendo in tal caso un’autorizzazione che il re goto Teodorico aveva già concesso nel VI secolo alla popolazione della città. 

 

Le didascalie sono state realizzate su progetto scientifico dell’Università di Catania - Scuola di Specializzazione in beni archeologici / Consiglio nazionale delle Ricerche Istituto di Scienze del patrimonio culturale.

 

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ANFITEATRO ROMANO

Piazza Stesicoro, 95124 Catania CT

Informazioni

Dove:
Piazza Stesicoro, 95124 Catania CT
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Quando:

LUN MAR MER GIO VEN SAB DOM
dalle 09:00 alle 19:00

Prezzo:

Intero
€4.00

Ridotto
€3.00

Scuole
€2.00

Biglietto unico (Castello Ursino, Camminamento Chiesa San Nicola, Museo Vincenzo Bellini ed Emilio Greco, Anfiteatro)
€15.00

Galleria

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